Perché una riflessione sul tempo nel cinema o sul cinema del tempo? Il tempo è la principale unità di misura del racconto cinematografico. Lo è esternamente, come durata complessiva di un’opera filmica, ed internamente, come trattamento e scansione della sua idea nella struttura narrativa. Pertanto, un’analisi delle espressioni temporali del cinema moderno ci aiuterebbe a determinare il senso stesso del fare cinema. Fin dalle origini della narrazione per immagini, la “settima arte” aveva infranto le vecchie unità aristoteliche di luogo, di azione e di tempo, predisponendosi ad un sostanziale allargamento della visione, che si sarebbe oltremodo espansa, conquistando nuovi territori del reale, quando il Neorealismo italiano prima e la Nouvelle Vague francese poi avrebbero scelto di rendere protagonista la realtà in quanto tale e non la sua ricostruzione scenica. Da questo punto in poi sarebbe nata quella che il filosofo francese Gilles Deleuze avrebbe definito immagine-tempo, in opposizione alla più classica, e meramente descrittiva, immagine-movimento. Inaugurando, sotto l’influsso del critico André Bazin, fondatore della rivista Cahiers du cinéma, una nuova stagione dell’analisi filmica, non più volta ad un puro storicismo ma ad una lettura disvelante del testo visivo permeata di psicanalisi, di ermeneutica filosofica, di fisica quantistica e di neuroscienza, Deleuze è arrivato a dimostrare quanto il cinema possa essere il principale indagatore della realtà ed il veicolo espressivo deputato alla più corretta rappresentazione del tempo. Non semplicemente lineare e misurabile, come nella convezione tradizionale, ma unico ed irripetibile, perfettamente inserito dunque nell’idea dell’universo atomistico. Tutto ciò non poteva non invadere il campo della narrazione, che a sua volta finiva per non essere più lineare e conclusa, ma frammentata ed evocativa, e quello della percezione, che perdeva ogni presunta oggettività per moltiplicarsi all’infinito a seconda dell’angolo di realtà preso in esame. Il cinema moderno si poneva dunque, molto più di quanto non avesse fatto nel passato, il problema di stabilire una volta per tutte cosa fosse la realtà. Quali fossero le capacità e i limiti della percezione umana. E quale realmente fosse la posizione dell’uomo in questo oscillante reticolo di percezioni. La storia del linguaggio cinematografico può essere suddivisa in tre fasi nettamente distinte: le origini, col loro carico di sperimentazione fotografica; la scoperta del montaggio e della narrazione, con l’affermazione dell’immagine-movimento; l’ampliamento della visione e la nascita dell’immagine-tempo. A queste aggiungiamo una fase contemporanea caratterizzata da una profonda crisi dell’espressione cinematografica e scandita dall’avanzare della computer grafica e dell’intelligenza artificiale e dall’insorgere di una nuova immagine che abbiamo definito ammaestrata. Questo lavoro prova a spiegare quanto la realtà odierna si sia fatta così illeggibile da sfuggire a qualsiasi tentativo di analisi e quanto il racconto cinematografico ne esca spesso appiattito, impoverito, eticamente manipolato, e, in conclusione, quale potrà essere a queste condizioni il futuro della “settima arte”. Timeline è un affascinante viaggio nel cinema del tempo. Dai primi esperimenti dei Lumière e di Méliès alla Parthenope di Sorrentino, passando per Ritorno al futuro ed Interstellar, con un occhio alle serie che hanno cambiato il nostro modo di percepire la realtà, come Heimat, I segreti di Twen Peaks e Dark. Muovendoci tra Deleuze, Bergson, Heidegger e Nietzsche, andremo alla scoperta della vera natura del tempo, di certo diversa da quella crono-logica in cui siamo abituati a credere. Analizzeremo l’andamento sistemico del cinema moderno ed il suo stato di crisi espressiva, soprattutto in Italia, individuando nell’immagine ammaestrata il segno di un appiattimento e di un impoverimento del racconto. E ci porremo infine la domanda più importante: cos’è, davvero, la realtà?
L’autore: Eduardo Cocciardo è nato ad Ischia nel 1975, dove vive. Laureato in Lettere Moderne, è regista, scrittore, attore ed autore cinematografico e teatrale. Nel 2005 ha già pubblicato con NonSoloParole Edizioni il saggio L’applauso interrotto – Poesia e Periferia nell’opera di Massimo Troisi, seguito dal romanzo breve Alice fuori dal Paese (2007), dai thriller Neve Bianca (2010, Albatros), Gli Alfabeti della Morte (2016, Arpeggio Libero) e La Rosa di Gerico – viaggio alla fine del tempo (2022, Arpeggio Libero). I suoi lungometraggi The Offline (2021) e Prima del giorno dopo (2024) hanno ottenuto importanti riconoscimenti nei Festival internazionali.